Social Learning

Uomini che si riunisconoApprendere è il comportamento istintivo - nel senso di non mediato, naturale - che più caratterizza l'uomo nel suo rapporto con il mondo. Discutere di normativa alle macchinette del caffè o chiedere indicazioni stradali, "rubare il mestiere" all'idraulico mentre aggiusta il lavandino o partecipare a un gruppo di lavoro sono tutte occasioni di apprendimento.

 

Vorrei brevemente esaminare la caratteristica che accomuna questi esempi - l'aspetto sociale o social learning - tracciare un percorso verso una possibile realizzazione (social media) e analizzarne la ricaduta nell'organizzazione (social workplace).

In un'analogia molto ben riuscita l'apprendimento sociale è paragonato alla gravità (How social learning is like gravity): c'è sempre e te ne accorgi solo quando manca. E come non ci accorgiamo del nostro peso nella vita di tutti i giorni, non ci rendiamo conto del valore formativo della nostra interazione con l'ambiente circostante.

In modo naturale, dalla nascita, impariamo continuamente, senza che il mondo smetta di girare intorno per permettercelo, cosa che, invece, la formazione tradizionale impone: un luogo, uno spazio e un programma definiti a priori e la sospensione dell'attività lavorativa, per poter apprendere e crescere. Questa rigidità può essere superata senza togliere valore all'approccio classico, d'aula, ma riconoscendo dignità all'aspetto informale, assumendo come paradigma la continuità dell'azione formativa e definendo criteri per l'utilizzo di nuovi strumenti e iniziative, quali webinar, workshop estemporanei, comunità di pratica.

Il social learning, quindi, non è qualcosa che si aggiunge all'offerta formativa ma un processo continuo che richiede un approccio nuovo e una nuova mentalità, caratterizzati dalla collaborazione e dalla partecipazione nella creazione della conoscenza. I confini tra formatore e discente diventano, quindi, più vaghi: uno apprenderà sul campo nuove modalità di insegnamento/coinvolgimento, più personali; l'altro diventerà interprete/gestore del proprio processo formativo.

A questo proposito voglio citare un ricordo personale di alcuni anni fa, prima di entrare in Banca. Lavoravo come docente (si trattava di corsi per programmatori) e ho avuto modo di rendermi conto che quando facevamo la strada per arrivare alla mensa o mentre mangiavamo tutti insieme, mi facevano le domande migliori, più dirette, non focalizzate sui dettagli ma che miravano al cuore dell'argomento, molto più di quanto non avvenisse in aula. Si realizzava un salto di qualità, superando la barriera dei ruoli per ritrovarsi, insieme, in un livello più produttivo per entrambi. L'eccessiva rigidità del rapporto d'aula ostacolava, di fatto, l'instaurazione del clima sociale che caratterizzava i break: il flusso della comunicazione, durante la pausa o nel caffè del dopo pranzo diventava bidirezionale. Per esperienza diretta posso affermare che, in un contesto informale, la conoscenza tende a maturare più velocemente, sia per gli individui che per l'organizzazione nel suo complesso (e ammettere che quelle "chiacchierate" migliorarono il mio modo di comunicare).

Erano gli anni novanta e il social learning era solo un sentito dire che aveva poche applicazioni e di tipo sperimentale: il resto era improvvisazione e capacità personali. Oggi il processo di apprendimento ha iniziato un percorso di trasformazione che darà maggiore importanza alla condivisione di idee, non solo al programma del corso, e rilevanza allo scambio di opinioni oltre che al "trasferimento di conoscenza".

Questo però è solo l'inizio: la nostra innata attitudine ad apprendere dagli altri è amplificata dalle nuove tecnologie che estendono e potenziano le nostre possibilità di comunicazione, partecipazione e condivisione...(continua nella prossima edizione)